giovedì 19 luglio 2012

La leggenda dei Monti Sibillini


Il Parco Nazionale dei Monti Sibillini è stato costituito nel 1993. Nel suo territorio sono compresi il Monte Vettore, che raggiunge i 2476 metri e il Monte Sibilla, che dà il nome a tutta la catena.
Il Parco è stato suddiviso 4 aree che tengono conto delle caratteristiche dei vari territori. Il versante fiorito è quello dell'area maceratese, e comprende l'area del torrente Fiastrone e del Lago di Fiastra. Il versante storico, lungo la valle del Nera, comprende la piccola Visso, fondata prima di Roma. Il versante Sacro, alle spalle del Monte Vettore comprende Norcia e i piani di Castelluccio. Il versante magico è quello che indica tutta l'area picena, da Arquata ad Amandola, ed è il territorio nel quale convivono le leggende del Lago di Pilato e della Sibilla.
Il monte della Sibilla visto da Amandola
Nel corso del medioevo la salita al Lago di Pilato era regolata da leggi molto dure, che volevano impedire che maghi e negromanti raggiungessero lo specchio d'acqua dove avrebbero compiuto riti magici di evocazione dei morti. Si dice che anche Cecco d'Ascoli, poeta e astrologo contemporaneo di Dante Alighieri, abbia compiuto riti presso il lago di Pilato, prima di venire condannato come eretico e bruciato sul rogo a Firenze.
Se le leggende del Lago di Pilato avevano un'eco a livello nazionale quelle della Sibilla sono alla base di tradizioni europee.
Nel 1420 un cavaliere della corte del re di Francia, Antoine de la Sale, raggiungeva Montemonaco e da qui partiva alla volta della cima del Monte della Sibilla. Il cavaliere probabilmente era suggestionato dal romanzo “Il Guerrin Meschino” che lo scrittore Andrea da Barberino aveva pubblicato qualche anno prima.
Il Guerrin Meschino era un cavaliere crociato che non conosceva i suoi genitori. Rientrato in Italia venne informato della capacità della Sibilla di svelargli il passato e il futuro. Raggiunse così l'ingresso della grotta, e da qui discese profondamente nella montagna. La Sibilla lo trattenne per un anno, durante il quale cercò di corrompere il giovane che però decise di tornare in superfice. Una volta all'esterno si recò a Roma, dal papa, per chiedere perdono dei suoi peccati.
Nella versione cristianizzata del mito la Sibilla appenninica sarebbe in realtà la Sibilla cumana che, dopo aver predetto la nascita di Cristo avrebbe trovato rifugio nelle profondità della montagna.
Studi recenti avanzano un collegamento tra la Sibilla e società matriarcali di origine celtica che avrebbero resistito in queste montagne alla diffusione del cristianesimo.
Nella grotta, visitata molte volte da artisti, studiosi, appassionati, erano visibili le incisioni di scudi e stemmi araldici da parte di cavalieri medievali, come aveva già raccontato Antoine de La Sale.
Non è un caso quindi che a partire da queste leggende in area germanica e anglosassone si sia sviluppata la leggenda del Tannhauser e del Venusberg, ripresa da grandi artisti come Richard Wagner e Aubrey Beardsley.

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